Giornata di studi e di musica “La voce contemporanea in Italia”. Cuneo, 25 novembre 2006.
Duo Alterno (Tiziana Scandaletti, soprano e Riccardo Piacentini, compositore e pianista), Giacomo Manzoni (compositore), Massimo Contiero (Direttore Ex Novo Musica), Andrea Lanza (Presidente Centro Studi Musicali Carlo Mosso), Marco Revelli (Presidente Fondazione Nuto Revelli).
La giornata è contestuale a MUSICHE IN MOSTRA 2006.
Ore 17,30 • Atelier-concerto
Ore 19,30 • Aperitivo
Sala San Giovanni (via Roma 4)
Programma dell’atelier-concerto
I parte
Canto popolare e mondo contadino
Interventi di Marco Revelli, Andrea Lanza, Riccardo PiacentiniII parte
La vocalità contemporanea in Italia
interventi di
Tiziana Scandaletti, Massimo Contiero, Ennio Morricone, Giacomo Manzoni
Esemplificazioni musicali del Duo Alterno su brani di Leone Sinigaglia, Giorgio Federico Ghedini, Luigi Nono, Cathy Berberian
Sintesi degli interventi di Giacomo Manzoni e Massimo Contiero
Giacomo Manzoni
Giacomo Manzoni rivela come uno stimolo forse determinante all’iniziativa di Cantacronache – per trattare il tema della musica popolare da un altro punto di vista – siano stati i colloqui a Berlino est con musicisti della DDR (conosciuti ai Ferienkurse di Darmstadt) nella seconda metà degli anni ’50, colloqui cui partecipò Sergio Liberovici divenuto l’anima dell’iniziativa torinese. Legge il testo anticlericale di Fortini che aveva musicato in quest’ambito verso il 1958, ma dichiara che il suo interesse maggiore andava a un trattamento della musica popolare che si richiamasse piuttosto all’insegnamento di Bartók, sia pure con tecniche compositive di tutt’altro tipo: cita in particolare la composizione 5 VICARIOTE su canti di carcerati siciliani, per coro e orchestra (1958). Per quanto riguarda altri aspetti della vocalità si limita ad aggiungere a quanto detto da Scandaletti e Cordiero che è importante per il compositore anche l’attenzione al timbro del singolo fonema oltre che alle straordinarie possibilità del live electronics. (Giacomo Manzoni)
Massimo Contiero
Pur nella difficoltà di ridurre a definizioni unitarie qualsiasi aspetto della musica contemporanea, frantumatasi nelle mille estetiche del XX secolo, si possono in qualche modo catalogare le acquisizioni della vocalità contemporanea rispetto alle caratteristiche ottocentesche. Se voce e musica si erano soprattutto incontrate nel canto “intonato”, i compositori del ‘900 hanno gradatamente reintrodotto la possibilità della voce di intervenire sulla musica con tutti i suoni di cui essa è capace. Riassume così la cantante Cathy Berberian: “La voce è qualcosa di diverso da uno strumento perché di uno strumento proprio perché non si separa mai dal suo interprete. Si presta continuamente alle innumerevoli incombenze della nostra vita: discute col macellaio per l’arrosto, sussurra dolci parole nell’intimità, urla insulti all’arbitro, chiede la strada per Piazza della Carità etc. Poi la voce si esprime con i “rumori” comunicativi, come i singhiozzi, i sospiri, gli schiocchi di lingua, i gridi, i gemiti, i gorgogli, le risate.” Fu per questo fondamentale la sua comunanza con Luciano Berio, che proprio pensando a lei come suo “privato studio di fonologia” preparò la sua Sequenza III: “Con Sequenza III ho cercato di assimilare molti aspetti della vita quotidiana, anche quelli triviali, senza però per questo rinunciare ad alcuni aspetti intermedi e anche nobili dell’esperienza musicale…. Il testo modulare, costruito cioè di piccole frasi permutabili, che Mark Kutter mi scrisse, era particolarmente adatto all’operazione”. Da queste parole si evince come il compositore chieda al suo interprete anche un contributo creativo. Conferma David Moss, che Berio utilizzò in “Cronaca del luogo” (Salisburgo, 1999): “Io ero l’unico ad avere il privilegio di uno spazio per improvvisare, la libertà di mettere una attitudine personale dentro l’opera. Durante le prove se avevo un’idea, Berio me la lasciava sviluppare, e poi mi diceva: ok, benissimo; oppure: stop, lascia perdere. Insomma ho dovuto seguire esattamente la partitura, ma in alcune sezioni avevo anche molta libertà: Berio è stato davvero aperto al mio senso dell’improvvisazione.” Importante aggiungere che rispetto all’emissione, oltre all’impostazione tradizionale del canto di scuola, nelle composizioni di oggi vengono spesso inclusi i modi del jazz, della musica leggera e del folklore. La necessità di un testo di senso compiuto, per il canto religioso, per il melodramma, per il lied per il melodramma, era nel passato un’esigenza imprescindibile. Il rapporto con il testo nel ‘900 viene totalmente riconsiderato. Permane l’esigenza della sua comprensibilità in un alcuni autori, per esempio in quelli della Scuola di Vienna. Schönberg in Stile e idea osserva: “Per quale motivo si aggiunge musica ad un testo?… opere e oratori non esisterebbero se non ci fosse la musica a esaltare l’espressione dei testi relativi….” Opere come “Wozzeck”, “Lulu”, “Moses und Aaron”, prevedono un canto quasi sempre sillabico, con rari melismi, cui fa maggiormente eccezione il ruolo di Lulu, soprano di coloratura. Mosè, addirittura parla, mentre per lui canta Aaron. Nell’opera di Schönberg, il coro è diviso talora a sezioni, una recita mentre l’altra, contemporaneamente, canta. Ovviamente c’è l’ampio ricorso ad emissioni non tradizionali. Così riassume per Lulu, Luigi Rognoni:
– parlato libero senza musica
– parlato libero sopra la musica
– parlato ritmico e timbrico entro un tempo musicale
– declamazione ritmica derivata dalla Sperchstimme schönbergiana, che sta nella zona intermedia fra la nota e la parola e che è strettamente legata al ritmo e all’altezza degli intervallio; in essa la nota musicale deve essere solo essere accennata; viene indicata con una crocetta sulla stanghetta della nota
– declamazione ritmica nella quale la parola si deve avvicinare di più al canto assumendo la forma del mezzo cantato (halb gesungen)
– il canto nel senso tradizionale del termine, con tutte le sue varietà espressive.
Per altri autori, tuttavia, la necessità di salvaguardare l’intellegibilità del testo, della parola non è una un’esigenza vincolante. Scrive Nono: “A volte il linguaggio musicale mi induce ad una sorta di stravolgimento del testo. Il testo oltre ad ispirarmi è materiale acustico: deve, può anche diventare pura musica. Altre volte è invece il testo a sovrapporsi al linguaggio musicale.” Il testo talora diviene un’insieme di “fonemi” e come tale utilizzato. A questo proposito sono significative le parole di Ligeti: “Una di queste idee era creare musica da suoni umani – cioè “poemi” di puro materiale fonetico, senza guardare al significato (o contenuto emotivo). Questo non era affatto nuovo: io diventai subito frequentatore di Schwitters, Joyce, Helms, i Lettrists e la poesia astratta. Al festival di musica della Società Internazionale di Musica Contemporanea in Colonia (dove fu eseguito il mio pezzo Apparizioni) fu impressionato da Anagramma di Kagel, una composizione costruita fondamentalmente di fonemi (latini).” Ci sono infine da considerare le possibilità offerte dalla tecnologia. Ad esempio, nella musica elettroacustica la voce è spesso chiamata ad interagire col nastro. Ma c’è soprattutto da dire che è mutato anche “l’ascolto” della voce, oggi sempre più mediato da microfoni ed altoparlanti. Lo stesso cantante può fare un uso “sapiente” del microfono (e questo è soprattutto vero nella musica leggera). Il compositore (e con lui, o per lui, il “regista del suono”) può manipolare il canto a posteriori, ma anche in tempo reale, secondo il metodo definito live electronics. Addirittura può essere recuperata la gestualità, come riferisce, ad esempio, ancora David Moss: “Berio ha anche avuto l’idea di creare per me un sistema elettronico che consiste in una serie di sensori applicati sul mio corpo, che servono ad elaborare la mia voce. Mentre canto, la voce viene trasmessa ai computer, che hanno dei programmi per modificarla, e io posso controllare tutto questo processo attraverso i sensori: così mentre canto mi si vedono fare dei movimenti strampalati, perchè è attraverso i gesti che produco l’attivazione dei programmi elettronici. Quindi a Firenze abbiamo lavorato molto sull’elettronica con gli ingegneri impegnati nell’opera.” Rilevante è stato, per lo sviluppo della vocalità contemporanea, l’apporto delle interpreti femminili. Oltre al nome della Berberian sopra citata si ricorderanno Dorothy Dorow, Liliana Poli, Slava Taskova, Gabriella Ravazzi, Susanna Rigacci, Maria Gabriella Munari, Luisa Castellani, Alda Caiello, Tiziana Scandaletti. (Massimo Contiero)
Ore 21 • Concerto-atelier
Teatro Toselli (via Toselli 9)
Duo Alterno
Tiziana Scandaletti, soprano
Riccardo Piacentini, compositore e pianista
Programma del concerto-atelier
Carlo Mosso – Leone Sinigaglia
Da 12 canzoni piemontesi (1968/70)
– Son le fiëtte di Moncalé
– O muliné dla bon-a ventura
– Timidezza
Testi della tradizione popolare piemontese
Luigi Nono
Da La fabbrica illuminata (1964)
– Finale
Testo di Cesare Pavese
Giacomo Manzoni
Du Dunkelheit (1998)
Dedicato al Duo Alterno
Testo di Rainer Maria Rilke
Riccardo Piacentini
Jazz motetus VI (Cricket play) (2003)
Ennio Morricone
Da Epitaffi sparsi (1992/93)
– Epitaffio degli Epitaffi
– Iperteso
– Si dette
– Bastò la presenza
– Per anni studiò da pianista
– Qui giace un musicista sottotono
Testi di Sergio Miceli
Luciano Berio
Quattro canzoni popolari (1946/73)
– Dolce cominciamento
– La donna ideale
– Avendo gran disìo
– Il ballo
Testi della tradizione popolare (1, 2, 4) e di Jacopo da Lentini